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27 Luglio 2014

27/7/2014

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Poeticamente tratto da "La doppia vita di Dalnarcis all'Argentiera"


La sua esatta destinazione era un paese quasi deserto nel nord ovest della costa,
 affacciata sul profondo Mediterraneo: Argentiera.
Dalnarcis camminava salendo la collina, combattendo contro
 le folate di vento, la luna era di cera. 
Quel giorno, la sua traslucida metà cresceva sui monti più alti.
Il tempo passò, più lento di quanto era abituato. 

Durante il sonno, Dalnarcis si affacciava ad uno specchio nebbioso,
 da cui una voce melanconica gli parlava.  
“Più parte di te è qui, meno ne sarà da qualche altra parte.
Se pensi di sapere chi sei, come potrai sapere chi sta pensando per te?
Come puoi dire che sei tu e non il personaggio di un libro?
Puoi essere parte dell’esistenza o è l’esistenza una fuga della possibilità di essere...
…non essere te stesso dentro e nemmeno fuori?”

Le onde dell’oceano si rompevano contro la ripida costa,
nelle rocce sottili strati di granito bianco rimasero intrappolati in antiche fusioni.
Vicino alla spiaggia c’era un’apertura.
 Alcuni uomini tanto tempo fa avevano scavato, alla ricerca di argento.
C’era qualcosa di strano e nuovo, all'improvviso si sentì prevalso da una sensazione di orrore.
I suoi occhi spalancati viaggiarono lungo le sue forme fino a fermare lo sguardo sulle sue mani...

artigli acuminati alla fine di zampe grigie e pelose.
Per un momento si convinse che questo era ancora un sogno.
Vedeva tutto com'era prima ma tutto sembrava diverso.
Per primo, le strutture così familiari a lui erano enormi,
 aliene alla sua minuscola persona.
Secondo, le richiamò alla sua testa per essere utili in una certa maniera,
 anche se questo ora sembrava un’assurdità.

Il paese era una volta il centro di una popolazione di minatori fino agli anni 60.
 Tecnologia e disegno moderno industriale.
Un uomo ricco da Roma aveva comprato gran parte della terra,
 aveva spianato le proprietà dei minatori, una alla volta, senza pietà.
Per essere bloccato in un’opera d’arte era forse la trappola di un topo innaturale.
Raffiche di onde scolpivano il paesaggio tutt'attorno a lui, ovunque si girasse.

Le creature metalliche, come le vedeva ora,
 muovevano l’atmosfera come enorme navi che solcavano le acque.
Come poteva correre lungo il sentiero senza perdere l’equilibrio?
 Non aveva nessun senso ai suoi sensi.
Sentì lo spostamento della terra sotto le rocce.
 Parti di questo puzzle si stavano perdendo.
Cosa appariva trasparente era solido e cosa sembrava solido era fatto di polvere.

O questo era parte di un gioco inverso o a cosa era destinato?
Volevo cercarmi o forse cercare il mio aspetto precedente in questa giungla di metallo, vetro e legno.
Ne ho colto un parte di lui, una forma irriconoscibile, 
portando nausea sulla sua schiena rotta.
Era come un velo triste.

Lui si guardò attorno, pareti di cemento e mattoni si fondevano in un’amalgamarsi terrificante.
Ogni dettaglio era tagliato a fino.
Ho sentito la sua paura, più forte della mia. 
Ho sentito la sua incapacità di trasportare quel corpo enorme attraverso un labirinto alieno.
Io, come la luna, ero un roditore ciclopico,
 un’intelletto errante connesso ad un’anima la quale pelle era stata strappata via,
 una vita per se stessa che galleggiava in un lampo entropico attorno ad un spirito naturale.

Il mio corpo era stato visto al confine della struttura mineraria che si affacciava alla spiaggia.
Potevo leggere la sua mente cercare una via d’entrata.
 Questo non era un’essere umano,
nemmeno io lo ero,
 mi trovavo nella posizione di un pilota che aveva perso il controllo del suo veicolo,
un’enorme autocarro che accelerava nell'oblio.

Nel mio Io, iniziai a dubitare della mia stessa origine e se ero davvero nato.
Speravo di confrontarmi.
 Era l’anima del topo ad avere un’assaggio di un’anatomia in grande formato?
Questa era la terra del pericolo,
 selvaggia, pura, inequivocabile,
 al di fuori di qualsiasi limitazione architettonica o di dottrina sociale.
Qualcosa si attorcigliò attorno alla mia minuta sagoma.

Nell'altro mondo dove mi svegliai, il paese diventò illuminato con candele.
Sentì nomi chiamati, come se qualcuno leggeva un’elenco degli ospiti.
Quella condizione era come l’iniziazione della nascita
 di qualcosa nascosto e dormiente dentro me.
Questo villaggio era quasi una carcassa,
 molte case, anche se costruite da poco,
 non erano finite e stavano per crollare.

Ho aperto i miei occhi di nuovo,
 la mia mente riempita di problemi condizionati da flussi fondamentali
in relazione tra umanità e universo.
Il mio stesso volto mi fissava con uno sguardo non così vuoto quanto incommensurabile.
Era in quel momento che mi accorsi che ero coricato sul palmo della mia mano.

Un treno che mai lasciò la stazione.
 Un’arcaica costruzione attorniata da finestre contemporanee.
In una mescola di stili, il mio fobico anacronismo si diluì nell'aria.
Fermai il respiro quando le tenebre ci avvolsero.
 All'inizio pensai di galleggiare su profonde onde blu.

Potevo sentire il mare respirare pian piano.
 Qualcos'altro era lì, vivo nell'angolo del mio occhio,
mi stava guardando.
Era perfettamente immobile, un saggio organismo a forma di statua.
Non avevo più parole.

Non posso dirti se mi sono davvero svegliato oppure ho continuato a sognare fino ad ora...
Se sono morto nei corridoi della miniera o vissuto nel palmo del mio protettore quasi umano,
tornavo camminando verso il paese, 
meccanicamente, come se niente fosse successo.

Pascal Ancel Bartholdi

(traduzione di Yuri Pirondi)
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Allegoria da "Dalnarcis"
Pascal Ancel Bartholdi
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Allegoria da "Dalnarcis"
Pascal Ancel Bartholdi
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Allegoria da "Dalnarcis"
Pascal Ancel Bartholdi
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"Arriva il politico"
Sebastiano Benegiamo
XVI.
Porto Ferro 


Il mare scivola sonoro 
fino qua 
tra gli scogli scolpiti dal sale. 

La montagna di fronte si poggia ferma 
la nuvola lenta 
crea un' ombra sopra di essa. 

- The shadow. - 
e me la indica col dito. 

La cicala interrompe il suo canto 
si ode anche il vento.

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"La spiaggia san Nicola"
Sebastiano Benegiamo
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"Marco parla al telefono al chioschino in spiaggia"
Sebastiano Benegiamo
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