Almanacco Migratorio
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2 Agosto 2014

2/8/2014

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Almanacco Migratorio
Prima Edizione, 11 - 31 Luglio 2014

Grazie a tutti, agli artisti, a chi ci ha seguito, a chi c'era e a chi non c'era.
Grazie all'Argentiera che ci ha accolti , che ha reso possibile questa residenza, grazie ai suoi abitanti, alla sua bellezza.  
Almanacco Migratorio continua.

Ci vediamo all'Argentiera, l'anno prossimo.
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1 Agosto 2014

1/8/2014

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Scritto e diretto da Yuri Pirondi e Ines von Bonhorst
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31 Luglio 2014

31/7/2014

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"In spiaggia"
Sebastiano Benegiamo
Stintino 28 Luglio 2014 fa così:

Oggi dovrebbe essere il compleanno di una persona che non ricordo neanche più. Oggi non è più normale di altre volte, solo un po' diverso.
Mi ero svegliato male. Ora intanto guardavo la torre a destra a sinistra la spiaggia piena di gente: gusci vuoti  responsabilizzati,
tutta la rappresentazione affidata a degli involucri. Erano tutti in mostra ma non si esponeva minimamente nessuno il guscio faceva tutto da solo, funzionava e bastava. Quanto sarà che va avanti?
La foschia bianca del caldo dell' aria avvolgeva e schermava la spiaggia gli ombrelloni il mare. Era caldo. Era un paio di giorni che non mi facevo un bagno, 
ero al bar con gli altri. La barista carina mi sorrideva un poco io rispondevo, poi nulla.  Al bar piglio un altro caffè è la cosa che qui costa meno sto al bar da un poco perché non ho altra ombra sotto cui stare per potermi godere questo sole.
Da quant'è che vengo in questo posto, non me lo ricordo mica, è così tanto che saranno almeno più di trent'anni.  Mi guardo attorno, il mare la torre
l'isola di fronte gli scogli i gusci in mostra il cielo, e nulla. Ci sono le canne nel pergolato poi sopra il cielo, e nulla. Sto cercando di ricordare, come ieri che cercavo di ricordare. Come era fatta tutta questa storia, quanto sarà che va avanti? 
Ieri l'Argentiera mi sono ricordato che era tutta un'altra cosa, ma non mi ricordo bene.
Nella seconda spiaggia c'era un affascinante capanno, una cozzaglia di materiali che stavano su così non si sa come. Mi sa che c'erano le canne i teli verdi sbiaditi pezzi di lamiera mi ricordo che c'erano anche un sacco di reti da pesca bianche e rosse con i galleggianti tondi, poi sopra il cielo, e nulla. Quanto sarà che ci vengo qui, più di trentanni! 
Non era un bar non so cosa era, c'era sempre della solita gente che andava e tornava si sedeva, magari entrava. La sigaretta che guardo sta finendo, 
guardo Seba che parla da solo scegliendo parole incomprensibili per quelle immagini insolite che guarda oppure vede delle parole familiari e le usa per scrivere immagini inconsuete che vede e via così potrebbe durare ore, ci vuole tutta la sua ispirazione. 
Quanto sarà che è così?
Mi faccio una sigaretta la accendo, e nulla. Mi guardo attorno, e nulla il caffè la barista gli scogli tutto il turchese attorno il caldo, Ines questa volta. Uguale. 
Dai che andiamo a Stintino a vedere l'Asinara che costerà troppo andarci, dicevamo ieri. Com'è l'Asinara mi chiedono, bella dico costerà un poco, e non ci andiamo infatti il gommone vuole solo venti euro, ma è un casino di soldi hanno detto dopo, e io lo sapevo che noi altri col cazzo ci andavano a venti euro in gommone fino l'Asinara. Bella eh l'Asinara. Bellissima ma non ci andiamo a questo giro, alla prossima magari. Che noi non ce li abbiamo venti euro. Ines ci rimane delusa, io non volevo deluderla lei doveva farsi un altro viaggio e non sapevamo come fare. Io quanto sarà che non ci vado all' Asinara? Sto cercando di ricordare. Non lo so mica. Mi ricordo che saranno passati come minimo trent'anni forse. Ero così piccolo che non ci sono stato mi pare. Magari qualcuno ha questo ricordo, chiedo a mia madre se ce l'ha, o se sa devo chiedere a mio padre quando li rivedo se mi ricordo. 
Ho disegnato qualche paesaggio all'Argentiera alberi case delfini e un paio di squali che non so cosa c'entrano gli squali e i delfini con l'Argentiera ma mi sono venuti così, in spiaggia. Belli li squali eh. Questi giorni abbiamo lavorato bene mi sa. Disegnato scritto dipinto allestito sporcato pulito. Parlato provato sistemato pubblicato. I murales sono venuti bene anche con poco materiale, i lenzuoli dentro le ex officine ci stavano bene poi di sera con le candele accese era un ambiente che funzionava, anche con quel poco, e poi nulla.
Mi guardo attorno, il mare gusci impilati la torre l'azzurro gli scogli il tavolino rosso di plastica Seba Ines, una birra sta volta. E allora sigaretta, e poi nulla.
Mi sa che gli squali li avevo visti dentro una barca in spiaggia una volta, quanto sarà? Ero più piccolo quasi di trent'anni. La spiaggia di S.Nicola all'Argentiera era diversa non c'entrava nulla con ora, la barca era li in riva, era di legno dentro mi ricordo c'erano due squali piccoli però o che ne so forse erano delfini. Stavamo a riva vicino gli scogli a sinistra il pontile vecchio il pozzo le scale a destra tutta la spiaggia i gusci vuoti che vanno e vengono il capanno la scogliera tutto il resto del mare, ma non mi ricordo bene. 
Guardo la birra Ines e Seba intanto cerca, il tavolino la barista i gusci del teatrino che pensano che l'apparenza sia un valore, e non so chi gliel'ha detto a loro di elevare l'apparenza a rango di valore mi tocco l'orecchio che mi fa male per la centesima volta aia! E poi Nulla. Abbiamo lavorato bene durante questa residenza per fare cose artistiche al mare, che lavoro che mestiere che onore gli dico ai ragazzi Seba e Ines. Sembra quasi che siamo dei privilegiati a fare questo genere di cose, poi mi ricordo che c'era gente al bar all'Argentiera che era più avanti di noi con i privilegi e il divertimento dovuti al loro lavoro o mestiere o onore. Mi pesava o almeno mi sembrava che loro me lo facevano pesare, erano più privilegiati mi pare. Abbiamo lavorato bene dipinto un sacco fino a l'altro ieri quando ancora eravamo tesi poi non eravamo più tesi in questi giorni e poi nulla. 
La spiaggia la sedia la borsa la torre i baristi e la barista che sorride, i gusci che fanno i monaci il turchese l'acqua l'isola e poi Pascal lontano.
Sembra un bambino. Gioca nuota chissà dov'è pascal mi chiedo. Da lontano non lo riconosco ha il corpo piccolo sembra un bambino, chissà con chi avrà parlato sotto il mare. Tornerà di sicuro con qualche storia, pesciolino o di un riccio altrimenti un granchio. É tornato con un pezzo di roccia con il buco. E in inglese ha raccontato a Ines di come era bello sotto il mare o qualcosa del genere, mi pare. Cosa gli dirà il cervello a quello? Che privilegio! 
Abbiamo allestito dipinto e fatto tutto quello che potevamo fare e ora nulla. Era un lavoro intimo abbiamo interpretato gli spazi usato la misura senza osare, era  Zen mi dico, per questo ora mi sento svuotato ecco cosa era, mi sa. E ora nulla, guardo. Era una prova per vedere se ci credevamo veramente fino a che punto potevamo arrivare col sacrificarci per farlo questo progetto che abbiamo avuto più piaghe di quelle d'Egitto pure peggiori tranne per un paio, il brutto tempo al mare la cagarella la fogna intasata la lavatrice rotta pochissimo internet l'invasione tutti i giorni delle formiche più di una settimana senz'acqua la pioggia le meduse la carestia a mangiare solo verdure il pigmento nero ovunque il sudicio, a un certo punto avevamo paura. Ma alla fine nulla ce l'abbiamo fatta lo stesso, ecco cos'è ora che mi sento svuotato. Oggi di chi era il compleanno chi era la persona non ricordo. Dov'è questa persona che mi sembra sparita? Mi guardo attorno il pergolato il cielo il bar la spiaggia il tavolo Pascal lontano parla con qualche pesciolino il gabbiano Seba la barista i gusci il mio orecchio Ines, e nulla. Mi sento svuotato oggi dopo tutto questo lavoro intimo di un mese ecco cosa è. Siamo stati bravi insomma, ecco cosa è questo svuotamento. Gli asciugamani il cielo la spiaggia il turchese l'acqua la torre l'isola gli arbusti le pietre i gabbiani e nulla, quanto sarà? Abbiamo mangiato bene e riposato hanno detto pure che eravamo all'ingrasso, che bravi abbiamo lavorato e pubblicato e mangiato. Seba è più grasso mi sa. Dovrebbe essere il compleanno di una persona che non ricordo neanche più ecco cosa è questo svuotamento, quanto sarà? 
Io intanto guardo la strada dritta a destra le colline e il fieno che è troppo fieno i campi a sinistra le saline, quanto sarà? Torniamo a casa avevamo detto la strada dritta la curva i campi il troppo fieno Seba Ines Pascal il mio orecchio, quanto sarà? Il ricordo andare e venire la strada i campi il fieno le macchine il troppo dritto poi Seba veloce acchiappa parole le scrive su stracci di carta poi nulla. Quanto sarà? Che mi ricordo almeno più di trent'anni la strada il camion un altro camion il mare a destra a sinistra le saline il cielo il fieno le colline la strada dritta la curva il camion e la fila di macchine il sole la pelle il turchese, quanto sarà? Io guardo la stada la curva lo svuotamento Seba che dorme il ricordo Ines e Pascal e nulla, parte Mimi poi Yuri Albe Seba Ines e Pascal partono finalmente tutti mi mancheranno mi sa. 
Io guardo la torre a destra gli scogli il caldo i gusci in acqua il cielo, a sinistra la spiaggia il turchese il vuoto poi nulla, ma alla fine ho preso e il bagno l'ho fatto.
Oggi è un compleanno, non più normale di altri mi sa.
Quanto sarà? 

(da taccuino di appunti di Marco Zamburru il 28 Luglio 2014)
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"Marina negra con bagnanti"
Marco Zamburru
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30 Luglio 2014

30/7/2014

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29 Luglio 2014

29/7/2014

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Opere di Pascal Ancel Bartholdi
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"Pascal Disegna"
Sebastiano Benegiamo
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"Pascal รจ tutto il giorno che disegna"
Sebastiano Benegiamo
The double life of Dalnarcis in Argentiera

As was his habit, Dalnarcis went to explore the area he had landed in almost by coincidence, a friend of a friend having invited him as he was about to leave . On the very day of his planned exit, he boarded a plane to Alghero. This town was situated on the Island of Sardegna in the South of Italy, the community of Sassari, but his exact destination was a quasi deserted village on the North west coast facing the deep Mediterranean , then further still, the Atlantic, Argentiera. Dalnarcis walked up a hill fighting the wind blasts, the ocean in a state of extreme disturbance throwing foam as if it was spitting at him and anyone else daring to approach. The moon was waxing. That day, her translucent half rose above the highest peak. It began to rain and the wind pushed him into a rocky recess. He slipped under a bush; the craggy ground covered in broken silver slate and sandy earth was still warm. It felt like a mammal . He fell into a deep sleep, but not before noticing a little mouse with a very long tail sliding passed his body. She paid no attention to him as he stared at her with utmost curiosity. “A country mouse”, he sighed to himself. She turned towards him as if catching the drift of his thought. Time passed, slower than he was accustomed to. In his sleep, Dalnarcis was peering into a foggy mirror from which a melancholy voice was rising . “The more of you there is here, the less there is  elsewhere. If you are , and can we say, the more you are, will your existence become less defined? If you think you know who you are, how will you know who is thinking? Can we say feeling is to being what thinking is to existence? How can you tell it is you and not the character in the book ?…If you see the world only as a human being, how can you be there in the world you think of? If you cease to exist, who will live in your place? Can you be inside of existence or is existence an escape from the possibility to be…be you or neither in nor out? And if existence is a human concept such as Platonic Solids, Cartesian logic or Sartrian philosophy, removing your outer dimensions and dropping the content into another recipient may open a can of worm holes where most of us dump our mental garbage…”The voice rolled in and out of focus, and the fog dissolved until he could distinguish his features.To his dismay, what he saw was no longer recognisable, or rather it resided outside of his expectation. Certainly, it was not human. Dalnarcis woke up with a knot in his throat, gasping as if he had been stuck under water. The waves of the ocean below were breaking against the cliff that looked like molten rock in which thin layers of white granite had been trapped in the furnace. Closer to the beach, there was an opening. Some men once had dug there, searching for silver. He felt lighter and unobstructed by the relentless worries the world was once made of. It seemed a distant land now, a vapid cacophony. There was something strange and new and he suddenly felt a surge of horror as his eyes now fully opened travelled along his form to arrest the gaze on his hands…a set of sharp claws at the end of grey haired paws. For a moment he convinced himself this was still a dream. He could after all see his real body lying there under a yellow flowered shrub, but it was separated from him by at least two metres. This defied his logic, and soon after, the body shook violently , got on all fours and ran off like a lunatic into the wilderness. He followed it  for as long as he could. He went down the hill. He saw everything as it was but it all appeared different. First of all, the structures so familiar to him were vast, alien to his minuscule self. Secondly, he recalled them to be of some use, although  this seemed now an absurdity. There were too many angles, too many unsafe spaces. And he disliked the recurring displacement of sky, the diversion of solar light. Nowhere could he detect water cavities nor soft earth to dig into. He would have to look harder, stay awake longer. Furthermore, his ears were ill adapted to a sub-noise that was at once confusing and pervasive. It occurred to him that, were his body found, literally out of his mind, he would soon be arrested and sequestrated, incapable of ‘normal’ reasoning. What that meant was now a new enigma to him however. Was he an abnormal mouse? how would he be received in this animal dimension were he to be confronted with a similar species?

Dalnarcis decided to imitate the gallop of a horse to hurry to town. The village had once been the hub of  a mining population until the 1960s. He recalled seeing some inscriptions left by flaneurs in the belly of the derelict factory on his way to the beach, the oldest dating from 1992, the newest from 2011. Most of these buildings were a weird hybrid of ancient technology and modern industrial design. Although some effort had been put in the regeneration of their appearance and even the creation of a museum , the work had at some point been halted, funds probably lacking or simply drifting into a loop hole. Some rich man from Rome had bought most of the land anyway, and those who had remained after the crisis, leading to the fall of the silver trade in the region,  the process of extraction and purification of the metal having become more expensive than its worth, had to emigrate to other lands.The new land owner had bulldozed the worker’s properties one by one without mercy…a contrary tendency to that of ambition.Only a few were left belonging to the lucky ones who had managed to purchase them.Healso remembered meeting a fisherman and his family high up on Via Montevecchio who had witnessed all the dramatic changes from as far back as the 1970s. In his collection of photographs, one could see how the village had been ravaged, its large austere stone homes having been razed to the ground, leaving a disfigured view of the bay. It looked as if a war had struck this peaceful busy little place, leaving practically no  survivors. There were even abandoned villas and a cinema that no one would ever mistake for one.Thisfisherman and his wife had invited him and his friends, one of whom had known the fisherman since he was a boy,  to share their house wine, very similar to Moscatel. The man was one of the most spectacular characters he had met, reminiscent of certain novels written by Balzac or in a very different era, by norman Mailer, Jack Kerouak or Henry Miller. He had the impression of encountering a mythological figure, larger than life, yet absolutely here, humble and generous. Now their tiny dogs would lump him up in one sweep of the tongue. Despite the gallop, it took an hour instead of fifteen minutes to arrive ‘a bon port’, which he sensed was an over optimistic expression. He looked around him, concrete slabs and holo bricks were fusing in a terrifying amalgam. There seemed to be no end to this giant construct where nature was tolerated so long as it was compartmented. He felt estranged and in peril. His new clothes…he preferred to think of it this way, made him aware of a new status, leaving him in a condition he had come across and even felt deeply but with a certain detachment, and with doubts.

Somehow there were no doubts in him now. Every detail was clear cut. Still, he did not comprehend these details any more. It was as if he was confronted with a zoomed view of a three dimensional map right up close, precise, tangible and absolutely abstract. ‘He was not himself’ he thought. At least, this was his excuse. Sure, other people had used this pretext to commit inhuman crimes. But here and now, in this guise and this role assigned to him by some demented fate, what was his crime? Not being able to interpret human signs, and therefore losing some original notion of existence?…He followed a beam, trespassed into a dusty floor, left funny micro prints behind him, hopped onto another beam, and, to his astonishment, found himself back to where he started. A whole lattice of wood was materialising in his field of vision, with no beginning or end. This felt rather nightmarish, although it combined the memory of works by two of his favourite artists Escher and Piranesi. But to be stuck in a work of art was perhaps the demise of unnatural mice. Other things also took their place and began to fill up the retina with innocuous ideas. He found no justification for them, their realisation remaining in the domain of, at most, grave improbability. The air contained a powerful scent of varied alcohols and petrol with a hint of sweetness and a whiff of grilled meat and herbs. The compound of smells began to concentrate between the beams. The air also contained light waves he had never perceived before. They mingled with the odours. Differing waves interacted all around him everywhere he turned.  Doorways were now megalithic gateways, cars looked like fluorescent inflated insects raging so loud his ear drums could have exploded as they raced passed his hiding spot, deep in the foundation of a crumbling wall. Who would notice two white dots in the blackness? They punctuated a long hesitant breath. The metallic creatures, as he saw them now, moved the atmosphere like enormous ships moved the waters. He almost fainted with fright. The surfaces in that contracted space, a vast space possessed by divisions, were brutally angular. This made them ruff to him despite any apparent smoothness. How could he run across the path without losing his balance? It made no sense to his senses. He felt the tilt of the earth under the tarmac. The openings in the walls were barren, some were like vertical ice sheets but lukewarm to the touch. Parts of this puzzle were coming lose. He had jumped on a stone that almost dissolved into powder. This was a particularly unreliable topography. What appeared transparent was solid and what seemed solid was made of dust. Or was it part of the game of reversal he was now subjected to? He felt entranced by one facade. It looked like a face. Frankly, human faces had begun to appear odd and deformed, an anomaly of nature. This one was something between man and amphibian, a gargoyle with flapping eyelids, its skull bones protruding, a moribund singing like a whale from a deep crack in the forest.

I wanted to look for me or rather my previous appearance in this jungle of metal, glass and wood …wood without branches or leaves, strange expressionless, semi living, incapable of growth. I wondered directionless, between shutters, in the gutters, behind shadows, in the canal empty of water, the tunnels now blocked to larger animals, the shelters’ faltering roofs, the broken frames, the piles of dirty empty bottles, the gutted fridges left adrift in the valleys, by the furies of the ocean. I caught a glimpse of him, some mangled shape, carrying nausea on its broken back. Once more, Marie Shelley’s fallen mass of para normal life rose in my mind, ‘Daimon’, I sighed although no such word came out of my mouth. The sun had passed. I could see everything apart from the metal brutes  that blinded me as they roared past in the semi darkness. He had curled up in a corner, a recess in the building looking over the sea. This was a shell of sorrows. He then crawled into deeper obscurity. I sensed his fear, greater than mine. I felt his incapacity in willing to transport a massive body through the maze of an alien space.Hepreferred to seek absolute anonymity. I then realised I no longer had the capacity to let an exterior force impose a name and a narrative on my life no matter how insignificant and infinitesimal. Since the great schism between ‘he’ whom I was, Dalnarcis, and ‘he’ who appeared to be me, since that great divide between the psyche and the persona, between the reality of being and the theatre of illusions, between being and existence, ‘he’ had become ‘I’ while the social construct, the embodiment of ego had become ‘he’…a stranger lost in an ancient site of silver, the seat of the Lunar god. I like the moon, was now a cyclopean rodent, the errant intellect imbued with a soul whose skin had been stripped, a life of its own floating in one entropic lump around a natural spirit.  I no longer knew him. But did he know himself better than he had known me?

He scurried, infiltrating himself in a crack he had judged just wide enough not to entirely rip the fabric of my clothe  now more or less in shreds. He threw a fast glance back at something behind him. He had smelt me and perceived my presence as unknown, yet familiar, an enemy. Me so little, a predator of my kind. Or rather what had once been part of my world, perhaps for centuries, as I passed from one ancestor to the next…this was no longer so far fetched considering the last events. He was getting used to my body! Getting faster at evading unwanted attention, at slipping in the gaps, although I noticed his absolute surprise when on one first occasion, he attempted to enter a hole one thousand times smaller than him. I laughed…but this also was a surprise. The sound I emitted then resembled the typical high notes emitted by a mouse, those we imitate badly in jest, a comical interjection. “When the cat is away”…I thought, and in a flash realised I could become the next meal of any such feline roaming the streets of Argentiera. I felt like drowning my sorrows in the liquid intemperance of the sea. I rushed on the gravel.Each piece was a rock to me now, I had to bypass some just too large to jump over. My body had last been seen by the edge of the mine’s factory facing the beach. I entered the premises without a sound. I was still getting used to this silent motion, in addition to the easiness with which I could in fact enter anywhere, any time, without being noticed, benefiting from a kind of invisibility. Total stillness can have its advantages. It was enveloping me with a kind of neutral space bubble, although the danger resided in my own distraction. in that inner sanctum, I began to doubt my own origin and if I had been given birth at all. This was the question I pondered upon, and had been since I discovered the stars above me while travelling at low velocity in the back seat of a Renaud. I wondered, knowing stars hurtle away from our galactic heart at ten kilometres per second according to new findings, how many years it would take for us to contemplate an empty sky. Nevertheless, in this specific incidental point, my alertness had quadrupled,( a random estimate based on records of past awareness of my surroundings).Was I still sleeping? I wished to confront myself. Was the mouse soul getting a taste for large format anatomy? Was it intrigued by the potential of ultra dexterity provided by the design of our hands? Was it beginning to discover new cerebral pathways and how would it decide to make use of them? He was close, I could feel it. I felt observed from two perspectives. I froze. A massive head suddenly grew out of the dark. A second elapsed stretching from the Earth and the Moon which was full that night. I could see myself in those round eyes, the pupils so dilated one could have been swallowed in each of them, particles sucked in one, waves in the other. This cat did not see me as a human trapped in the body of a mouse. My personality had become irrelevant if it had ever been so in my former life. Or if he did, this would have explained the ironic smile on his face. A terrifying howl surged from his throat, like a gargling sound, preparing the oesophagus for the consumption of a small object of desire. I had never been so close to the mouth of such an animal we like to call domestic. To me, this was the land of peril, savage, pure, unequivocal, beyond any architectural limitation or social doctrine. But as I resigned myself, my small realistic self to be devoured with one snap of a jaw, a shadow rose ominously above us, some unnamed god from the subterranean regions flooding everything in its path, to clear the way for a new age. Two lights scintillated as I became encircled by this presence. Something wrapped itself around my minute frame. It could have crushed it instantly.

I must have lost consciousness. In that other world I awoke in, the village had suddenly become lit up with candles. I heard names spoken, as if someone was reading from a guest list. They resounded in the square, where, on a bench, a few locals had posted themselves to admire the view at the end of the street. As I looked around and above, I noticed buildings once in ruin had been transformed into some kind of screens, like outdoor cinemas, or light houses, some had been adorned with frescoes. I could not read the pamphlets that had fallen to the ground and this alarmed me. Still the names made sense verbalised. One of those had been mine. Among them, these were the ones I remembered: sebastianbenedjiamo, marcozamburu, inishvonbonhorst, yasminedainali, albertogori, iuripirondi…The voice almost chanted until it died down as each candle melted behind windows covered in greasy dust that had not been opened for some years. I vaguely recollected this was the time of a festival and it was amusing to me now to think this thing called art felt as strange as the state i found myself in. How My original brain would define it was impossible to tell. I then thought it was amazing how, by merging my human psyche to the cortex and morphology of a mouse,   my powers of cogitation were not entirely veiled. Instead  certain faculties decreased while others were magnified. It could be associated  to the creation of anagrams…I could only take a wild guess at the transformation of my alter-self. That condition was somehow initiating the birth of what had lied deep and dormant within me. It was not so far fetched  therefore to imagine an agonising town at once revived by a novel idea, a festival that would attract not only the attention of the local population but also, why not, of the rest of the world, people from far away places searching for a jewel in the middle of nowhere. It appeared impossible, especially in the face of a dwindling demography and a lack of commerce. In a way, this village was almost a carcass, many houses, although newly built, unfinished and collapsing.

This had also a precedent. Yet as a mouse,  how could I now participate in a context where my presence was considered at best entertaining, at worst a nuisance to annihilate. I opened my eyes again, my mind filled with problems related to fundamental flaws in the relationship between mankind and the universe. My own face stared at me with a gaze  not so vacant as incommensurable. Could he or I re-cross the divide that seemed like an abyss? It was then I also became aware I was lying in the palm of my hand. The creature swayed it like mother would rock a pram. I accepted this absurdity as a natural development. With a new sense of serenity, I accepted this limb as an extension of me, more so, this was now the weirdest form of transport at my disposal. We passed a container that according to some distant knowledge looked like a train wagon. But in this room filled with rusted machinery and fluttering pigeons, it looked completely out of place. A wagon that never left the station. It had been constructed on site as a filtering krater. The raw material had fallen into it to be separated from its precious content. It had not been running for a few decades, an archaic piece surrounded by contemporary windows. In such a melange of styles, my phobic anachronism faded into thin air. We seemed to ascend and descend without an exit in sight. Soon, a thick metal fence stopped us, behind it, a gaping hole encircled by a short concrete wall. All around, utensils, engine parts, tools lay mostly incomplete or broken in a thick film of dust. I felt his body shaking, uncertain whether it was out of excitement or anxiety. To my horror he climbed, as I had once hoped to do, and oscillated above the darkness. It dawned on me this was one of the shafts leading to the mine far below. I had been there a few days earlier and perhaps a feeling of premonition came over me. I turned away and left in a hurry. I could feel his mind searching for a way in. No human had been there since…I knew not. This however was no mere human being, nor was I, having been converted to the position of a driver who had lost control of his craft, a super massif lorry  heading for oblivion.

What had repulsed me was attracting him irresistibly. It was already too late to escape, no chance of getting to safety as the whole weight of my ex-corpus vacillated , then swayed from one wall to another as if to the fast beat of a metronome, engaging in this descent like a circus acrobat, with one hand and two feet, balanced above the void. I stopped breathing as the ‘tenebra’ engulfed us. A breeze woke me. Only my eyes could move. At first I thought I was floating on deep blue waves. But the first colour I perceived was green. Pale azure appeared behind patches of verdure as they trembled in the wind. I could hear the sea breathing gently. Something else was there, alive in the corner of my eye, staring at me. It was perfectly still, a statuesque organism of wisdom. Yet I could hear it speak. “Wake up” it whispered.  I thought this strange and began to recall the images of the fall…” But if I am not awake, where am I, and who is the mouse?” No words left me. I could not tell you now if I truly did wake or continued dreaming until now…If I died in the mine shaft or lived on in the palm of my meta-human protector, despite walking back to town, mechanically, as if nothing happened.

Copyright © Pascal Ancel Bartholdi 2014
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28 Luglio 2014

28/7/2014

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XVII.
Stintino 


Acqua color cristallo 
uomini in maschera 
stanno sospesi come i galleggianti. 

Osservo questo luogo che sto per lasciare 
con gli occhi che bruciano. 

In fondo questo paesaggio è meraviglioso 
assomiglia a molte meraviglie che ho già visto. 

L' Asinara è lontana 
un sogno dietro la porta.

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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27 Luglio 2014

27/7/2014

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Poeticamente tratto da "La doppia vita di Dalnarcis all'Argentiera"


La sua esatta destinazione era un paese quasi deserto nel nord ovest della costa,
 affacciata sul profondo Mediterraneo: Argentiera.
Dalnarcis camminava salendo la collina, combattendo contro
 le folate di vento, la luna era di cera. 
Quel giorno, la sua traslucida metà cresceva sui monti più alti.
Il tempo passò, più lento di quanto era abituato. 

Durante il sonno, Dalnarcis si affacciava ad uno specchio nebbioso,
 da cui una voce melanconica gli parlava.  
“Più parte di te è qui, meno ne sarà da qualche altra parte.
Se pensi di sapere chi sei, come potrai sapere chi sta pensando per te?
Come puoi dire che sei tu e non il personaggio di un libro?
Puoi essere parte dell’esistenza o è l’esistenza una fuga della possibilità di essere...
…non essere te stesso dentro e nemmeno fuori?”

Le onde dell’oceano si rompevano contro la ripida costa,
nelle rocce sottili strati di granito bianco rimasero intrappolati in antiche fusioni.
Vicino alla spiaggia c’era un’apertura.
 Alcuni uomini tanto tempo fa avevano scavato, alla ricerca di argento.
C’era qualcosa di strano e nuovo, all'improvviso si sentì prevalso da una sensazione di orrore.
I suoi occhi spalancati viaggiarono lungo le sue forme fino a fermare lo sguardo sulle sue mani...

artigli acuminati alla fine di zampe grigie e pelose.
Per un momento si convinse che questo era ancora un sogno.
Vedeva tutto com'era prima ma tutto sembrava diverso.
Per primo, le strutture così familiari a lui erano enormi,
 aliene alla sua minuscola persona.
Secondo, le richiamò alla sua testa per essere utili in una certa maniera,
 anche se questo ora sembrava un’assurdità.

Il paese era una volta il centro di una popolazione di minatori fino agli anni 60.
 Tecnologia e disegno moderno industriale.
Un uomo ricco da Roma aveva comprato gran parte della terra,
 aveva spianato le proprietà dei minatori, una alla volta, senza pietà.
Per essere bloccato in un’opera d’arte era forse la trappola di un topo innaturale.
Raffiche di onde scolpivano il paesaggio tutt'attorno a lui, ovunque si girasse.

Le creature metalliche, come le vedeva ora,
 muovevano l’atmosfera come enorme navi che solcavano le acque.
Come poteva correre lungo il sentiero senza perdere l’equilibrio?
 Non aveva nessun senso ai suoi sensi.
Sentì lo spostamento della terra sotto le rocce.
 Parti di questo puzzle si stavano perdendo.
Cosa appariva trasparente era solido e cosa sembrava solido era fatto di polvere.

O questo era parte di un gioco inverso o a cosa era destinato?
Volevo cercarmi o forse cercare il mio aspetto precedente in questa giungla di metallo, vetro e legno.
Ne ho colto un parte di lui, una forma irriconoscibile, 
portando nausea sulla sua schiena rotta.
Era come un velo triste.

Lui si guardò attorno, pareti di cemento e mattoni si fondevano in un’amalgamarsi terrificante.
Ogni dettaglio era tagliato a fino.
Ho sentito la sua paura, più forte della mia. 
Ho sentito la sua incapacità di trasportare quel corpo enorme attraverso un labirinto alieno.
Io, come la luna, ero un roditore ciclopico,
 un’intelletto errante connesso ad un’anima la quale pelle era stata strappata via,
 una vita per se stessa che galleggiava in un lampo entropico attorno ad un spirito naturale.

Il mio corpo era stato visto al confine della struttura mineraria che si affacciava alla spiaggia.
Potevo leggere la sua mente cercare una via d’entrata.
 Questo non era un’essere umano,
nemmeno io lo ero,
 mi trovavo nella posizione di un pilota che aveva perso il controllo del suo veicolo,
un’enorme autocarro che accelerava nell'oblio.

Nel mio Io, iniziai a dubitare della mia stessa origine e se ero davvero nato.
Speravo di confrontarmi.
 Era l’anima del topo ad avere un’assaggio di un’anatomia in grande formato?
Questa era la terra del pericolo,
 selvaggia, pura, inequivocabile,
 al di fuori di qualsiasi limitazione architettonica o di dottrina sociale.
Qualcosa si attorcigliò attorno alla mia minuta sagoma.

Nell'altro mondo dove mi svegliai, il paese diventò illuminato con candele.
Sentì nomi chiamati, come se qualcuno leggeva un’elenco degli ospiti.
Quella condizione era come l’iniziazione della nascita
 di qualcosa nascosto e dormiente dentro me.
Questo villaggio era quasi una carcassa,
 molte case, anche se costruite da poco,
 non erano finite e stavano per crollare.

Ho aperto i miei occhi di nuovo,
 la mia mente riempita di problemi condizionati da flussi fondamentali
in relazione tra umanità e universo.
Il mio stesso volto mi fissava con uno sguardo non così vuoto quanto incommensurabile.
Era in quel momento che mi accorsi che ero coricato sul palmo della mia mano.

Un treno che mai lasciò la stazione.
 Un’arcaica costruzione attorniata da finestre contemporanee.
In una mescola di stili, il mio fobico anacronismo si diluì nell'aria.
Fermai il respiro quando le tenebre ci avvolsero.
 All'inizio pensai di galleggiare su profonde onde blu.

Potevo sentire il mare respirare pian piano.
 Qualcos'altro era lì, vivo nell'angolo del mio occhio,
mi stava guardando.
Era perfettamente immobile, un saggio organismo a forma di statua.
Non avevo più parole.

Non posso dirti se mi sono davvero svegliato oppure ho continuato a sognare fino ad ora...
Se sono morto nei corridoi della miniera o vissuto nel palmo del mio protettore quasi umano,
tornavo camminando verso il paese, 
meccanicamente, come se niente fosse successo.

Pascal Ancel Bartholdi

(traduzione di Yuri Pirondi)
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Allegoria da "Dalnarcis"
Pascal Ancel Bartholdi
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Allegoria da "Dalnarcis"
Pascal Ancel Bartholdi
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Allegoria da "Dalnarcis"
Pascal Ancel Bartholdi
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"Arriva il politico"
Sebastiano Benegiamo
XVI.
Porto Ferro 


Il mare scivola sonoro 
fino qua 
tra gli scogli scolpiti dal sale. 

La montagna di fronte si poggia ferma 
la nuvola lenta 
crea un' ombra sopra di essa. 

- The shadow. - 
e me la indica col dito. 

La cicala interrompe il suo canto 
si ode anche il vento.

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"La spiaggia san Nicola"
Sebastiano Benegiamo
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"Marco parla al telefono al chioschino in spiaggia"
Sebastiano Benegiamo
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26 Luglio 2014

26/7/2014

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"Inizio Mappatura camminata - Argentiera"
Yasmine Dainelli
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"Studio per mappa camminata - Argentiera"
Yasmine Dainelli
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"Studio per mappa camminata - Argentiera"
Yasmine Dainelli
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"Studio per mappa camminata - Argentiera"
Yasmine Dainelli
XV.
Mattina presto 


Le prime auto scendono al mare 
il vento discreto anima i vestiti a fiori. 

Due bambine seminude
appena fuori dal cancelletto di legno
inseguono un monopattino rosa 
hanno voci leggere. 

Ondeggiano le piante come il mare 
tra le tendine bianche 
si vedono intimità familiari. 

E' mattina presto 
si mostrano agli occhi i primi barlumi della giornata. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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25 Luglio 2014

25/7/2014

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"Yuri e Ines"
Sebastiano Benegiamo
XIV.
Mattina presto 


Mattina presto 
incontro un uomo per strada 
sembro io vecchio. 

Il sole si poggia sulla schiena 
è un po' pesante. 

Lo sconosciuto mi da il buongiorno
va verso il mare 
sottobraccio tiene un giornale. 

Ci sono le rondini 
disegnano linee turchesi. 

Il mare è là 
tra le due case 
dopo il cartello di divieto.

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"Disegno per Studio Fortografico"
Yuri Pirondi
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Studio per il "Toro Meccanico"
Alberto Gori
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Studio per il "Toro Meccanico"
Alberto Gori
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Studio per il "Toro Meccanico"
Alberto Gori
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23 Luglio 2014

23/7/2014

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XIII.
Mattina 


Questa mattina non vado giù al bar 
troppi uomini  leggono lo stesso giornale 
a ognuno dice cose diverse. 

Si può vedere la strada che porta al mare 
zainetti colorati ondeggiano 
per essere appoggiati. 

Mi accontento di questo cielo senza nubi 
del sorriso di un amico 
dell' aria ferma. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"La strada che porta al mare"
Sebastiano Benegiamo
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22 Luglio 2014

22/7/2014

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XII.
La luce nella stanza è calda


La luce nella stanza è calda 
un uomo scrive 
è assorto. 

Ho dormito molto oggi 
mi ricorda chi sono 
e le cose che vedo ad occhi chiusi. 

Ora è sera.

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"Marco dipinge l'albero"
Sebastiano Benegiamo
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"Mimi dipinge la chioma"
Sebastiano Benegiamo
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21 Luglio 2014

21/7/2014

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XI.
Tra queste montagne 


Tra queste montagne 
sembra di toccare il cielo 
forse è un' illusione che mi acceca da tempo.
 
Il tetto della casa di fronte
ha le tegole allineate 
dalla finestra chiusa. 

Una donna canta per la casa 
il cane abbaia alla strada. 

Nella stanza vuota 
il divano è giallo.

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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20 Luglio 2014

20/7/2014

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X.
Caldo


C'è un uomo sul divano 
ha la barba nera 
legge un libro. 

Una voce da fuori
profonda 
parla una lingua sconosciuta 
talvolta una donna risponde. 

E' molto caldo 
il sole si nasconde tra le nuvole 
un' aria densa si posa su noi.

E' estate 
le mosche inseguono il vuoto. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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19 Luglio 2014

19/7/2014

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IX.
Sotto la piccola chiesa 


La scala mi ha portato fino qui 
sotto la piccola chiesa 
è sempre chiusa. 

Posso vedere piccoli uomini 
piccoli ombrelloni colorati 
piccole auto 
le voci sono attutite dalla lontananza. 

Il mare è disteso 
chiaro si confonde col cielo 
e dove riflette il sole 
non ha colore. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"Vincenzo, il dio del mare"
Sebastiano Benegiamo
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18 Luglio 2014

18/7/2014

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"Yuri riprende il murales"
Sebastiano Benegiamo
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S.T.
Ines von Bonhorst
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S.T.
Ines von Bonhorst
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S.T.
Ines von Bonhorst
VIII.
Sul faro


Gruppi di pesci
coriandoli nel mare
sfumano in macchie.

Posso vedere le profondità del mare
quando il blu decresce.

Seduto sul faro
ho davanti la curva del mondo
e l' orizzonte
è il limite degli occhi.

Dietro
tra le linee delle montagne
precise
il borgo in miniatura.


*in verità non si tratta di un faro, bensì di un fortino
(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"La cava inghiotte tutto"
Sebastiano Benegiamo
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"Il gommone in mezzo al mare"
Sebastiano Benegiamo
Datato tredici Luglio duemilaquattordici, Argentiera.

Lago delle Vergini ( si chiama così questo posto).
Siamo scesi fino alla spiaggia della caletta, i ciottoli sono ancora bianchi, abbiamo fatto una camminata e disceso un piccolo dirupo. 
E' andata bene anche con le infradito. 
Appena arrivo faccio un giro sugli scogli a cercare, a guardare un po' le cose e mangio alcune patelle che trovo su uno scoglio. Erano troppo grosse per lasciarle li.
Non ho resistito a fare quello che faccio da sempre, che io ricordi. Arrivo qui e do inizio a una specie di rituale ormai, che si ripete  sempre, che io ricordi.
Ed è sempre uguale il fatto che ci vengo sempre con persone diverse per vederlo con gli occhi degli altri, questo posto e questo rituale. Sarà che sono chiuso e insicuro penso dopo durante la serata, mi pare.  Seba  finalmente decide di spogliarsi e di fare un bagno, è una presenza che stona proprio, col paesaggio e lui sembra che la sa questa cosa, si vede  inadeguato, come si muove.  Per come la vedo io invece per lui potrebbe essere una specie di bagno battesimale, se è vero che esiste questa cosa del battesimo. L'acqua qui ti da una botta, di vita.  Quindi se è vera la cosa del battesimo, un bagno qui può essere la cosa che più gli assomiglia, credo.
Seba si butta in acqua esce veloce. E' gelida l'acqua e dice che l'ha fatto il bagno, ma non è cambiato per niente Seba dopo questo battesimo. Io continuo a dargli noia alle patelle, chissà perché mi piacciono così tanto, se ci penso certe volte. Lui si mette fetale e si ricopre con un altro asciugamano e  non sa che farsene del mare del Lago delle Vergini che non l'ha convinto ancora del tutto.  Lui che ci pensi.
So che accadrà.

(da taccuino di appunti di Marco Zamburru)
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"Argentiera V"
Yasmine Dainelli
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"Argentiera IV"
Yasmine Dainelli
Un anno fa circa 18 Agosto 2013


Era stata una rondine credo
a passare

Mi sembrava,
era cambiato il suono in estate
La luce del pomeriggio era giallone arancio
dovevano essere più o meno le sette
Era una luce calda a vedersi ma non scaldava più

E' il vento 
che è un continuo lamento 
mi pare
Qui ora le onde si alzavano nel loro travaglio
contro le rocce e la spiaggia.
C'era il vecchio, a stare seduto
e solito
sotto la veranda del chiosco 

Ma mi pare era diverso l'altr'anno.

Ma per questo invece, io guardavo e non sapevo cosa sperarmi.
Le mie persone dell'estate 
erano altre, cambiate, diverse
Svanite nel tempo
di un bagno, bagno dopo bagno
Era sulla pelle forse 
Che si vedeva come fosse ora il cambiamento
era il mio ed era reale.
Pensavo a come avrei fatto
a ritrovare una qualche àncora per questo Agosto 
dimenticavo che vola via tutto
su questa spiaggia
dove il vento c'è sempre

Ma mi pare era diverso l'altr'anno

La poseidonia vola con questo vento profondo
arriva ovunque picchiandomi addosso 
Guardavo sempre la stessa scena 
lo spazio delimitato dello stesso quadro, appeso allo stesso muro
Il muro ancora
vedevo un altra scena, mi pare
Il barista lega forte teli e ombrelloni
assicurandoli come sempre
è consueto
fissa alla veranda di legni 
con tiranti di vecchia corda 
con fare di lotta, di vecchia battaglia

Ma mi pare era diverso l'altr'anno

Sa tutto di arsura 
di fastidio al tatto 
di vecchia salsedine indurita nelle cose 
come fanno a non essere stanche le rondini, che vengono?
tra un po' partiranno
come sarà quando tutto sarà rimasto uguale?
il male suo è questo

per piacerci non dovrà cambiare nulla, mi pare 
Arrivano sempre certe cose,
e vanno


Quando 
l'onda si alza
Il suo lavoro 
segue il vento
ecco 
Il grosso
deve ancora arrivare
Quando 
questi si alzano
insieme si vede
tutta la forza
Tutto appassisce
sotto questa
aria salata
Lontano 
argento boato
uguale 
a sempre
cambia
A sempre 
uguale, 
torno.

(da taccuino di appunti di Marco Zamburru)
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17 Luglio 2014

17/7/2014

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"Argentiera I"
Yasmine Dainelli
VII.
Vorrei tornare d' inverno 


Vorrei tornare d'inverno 
sentire la voce di questi luoghi abbandonati 
il freddo della pietra 
essere accarezzato dalla solitudine. 

La casa mi accoglie silenziosa. 

In spiaggia gli ombrelloni sono aperti 
fiori di mare 
acqua limpida che acceca. 

Giocano a scoprire il mondo. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"Marco scrive al computer"
Sebastiano Benegiamo
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"Ines lavora al computer"
Sebastiano Benegiamo
Devo andare giù in spiaggia sono le 11: 15  voglio fare il bagno. E' due giorni che non scendo in spiaggia e non mi faccio un bagno. Il mare è bellissimo poi. Dove sono i miei occhiali da sole? Ma dove li ho messi? Dove sono gli occhiali cazzo? Qui no, qui nemmeno. Non ci sono.  E qui?  No.  Aspetta un attimo dove cavolo...cerca di ricordare dove eri l'ultima volta che li hai visti. Ah si cazzo, sul muretto ero a miniera vecchia a lavorare sul murales ieri pomeriggio. Cazzo. Via prendi la macchina, veloce e corri a cercarli magari sono ancora li sul muretto dove li ho poggiati ieri. Vai corri a vedere, in macchina, metti le marce prima seconda terza alè, speriamo bene che nessuno li abbia notati sul muretto li abbandonati, dimenticati. Porca miseria. Salendo su per la strada becco Sig. Gianni che abita a miniera vecchia difronte al murales in pratica, è al telefono e mi chiede se ho da cambiargli cinquanta euro. No gli dico, magari ad averceli. Hai visto i miei occhiali da sole  li sul muretto gli chiedo. No mi dice, e chi ci ha guardato. Cazzo. Riparto di corsa porca troia vai corri mannaggia, mi avvicino al muretto e da qualche metro di distanza li vedo ancora li belli come il sole i miei occhiali sul muretto da ieri pomeriggio, cazzo nessuno li ha presi. Hanno ancora le stecche ripiegate a modino, che belli tutti neri lucidi sul muretto davanti al murales sotto il sole del mattino. Ma guarda un po' all'Argentiera nessuno mi ruba niente, a parte uno scaldabagno qualche anno fa e una canna da pesca e due coperte da dentro casa. Che bello eh! Proprio strano questo fatto, la gente a volte ti entra in casa senza permesso e ti ruba lo scaldabagno e le coperte. E gli occhiali da sole invece?  No. Meno male non c'è troppa gente ancora qui al mare altrimenti se erano in tanti a trovarsi a passare da qui chissà come me li rubavano gli ochiali. Se poi passava tale  Antonio che mi ha rubato lo scaldabagno e le coperte un paio di anni fa chissà come me li rubava gli occhiali da sole Enrico Coveri Fighissimi Neri. Li prendo, e vai che vado al mare corri che devi dare la macchina a Mimi, corri vai che adesso bello bello me ne vado in spiaggia con gli occhiali  che mi sembrano nuovi. Veloce che non c'è tempo, dopo devo pure riattaccare a lavorare sul murales. Parto in macchina metto le marce, scendo ribecco Sig. Gianni che scende in giù verso la spiaggia e mi ferma. Mi dice ajò al bar, se vado mi offre da bere, si gli dico andiamo. Ajò ci beviamo qualcosa allora da! Mi ridice. Mi dice in sardo che appena finiamo di dipingere prende un maialetto e lo fa arrosto e ci sbronziamo pure di brutto a cannonau che fa un suo amico, di quello forte però. Tu lo bevi quello forte o lo vuoi più leggerino? Mi chiede. Io lo bevo pure bello forte ma i miei amici quegli altri la non lo gradiscono forte lo gradiscono meglio se è leggero altrimenti non lo bevono che sono dei "legna verde" dei "naso molle" come si dice in sardo qui a Sassari e a Ittiri o all'Argentiera. Nasi  modde, hanno il naso molle come il guscio molle delle lumache più giovani, quelle che non sono buone da mangiare e le scarti se ti capitano per le mani. Loro non sono buoni a ubriacarsi in certi modi. Va bene noi mangiamo e ci beviamo tutto quanto. Continua, è molto serio dicendomi che  ha un problema, sono rotto mi dice Sig. Gianni .  Avrà dei problemi di salute, ci penso su un attimo preoccupato  magari mi dirà che problemi ha. Ho il galleggiante rotto quindi la valvola del troppo pieno rimane aperta e non so mai quando sono pieno per fermarmi, e non tracima mai il serbatoio mi dice questo vecchio  Gianni.  Ah però hai capito questo,  penso è un sollievo ma sarà un bel casino tenersi tutta quella roba dentro.
-Che prendi ? 
-Un caffe , e  tu Seba lo vuoi un caffe?
-Si, un caffe va bene.
-Due caffe e un' aranciata dolce.
-Abbiamo solo quella amara.
-E dammi quella amara, e ci metto una bustina di zucchero allora.

(da taccuino di appunti di Marco Zamburru)
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"Paesaggio a Luglio"
Marco Zamburru
(...) una radicale trasformazione dei siti minerari (Argentiera), facendoli diventare palcoscenico culturale e centri per l'arte contemporanea.
Un network all'interno della rete mondiale dei parchi geominerari, per costituire un insolito e affascinante panorama tra arti pittoriche, video, architettura, installazioni, performance, ecc. tramite il riuso, la riconversione e la valorizzazione di archeologie industriali, adibite all'arte.

(dal taccuino di Marco Zamburru, 15 Luglio 2011)
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16 Luglio 2014

16/7/2014

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V.
La piazzetta 


La piazzetta desolata 
divide la casa dal mare 
nel mezzo ha una palma 
poi due alberi. 

Qualche auto ruota intorno 
scende la strada. 

Due signori passeggiano 
anche loro ruotano intorno. 

Sento i grilli nella macchia 
alzo lo sguardo 
la chiesa è buia sul cielo che scema. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
VI.
Aidi

 
Si vede che ama il mare 
nuota leggera
insegue cose che vede lei. 

Una ruspa cigola 
stride un po' 
col suono docile del mare. 

- Aidi, vieni qua. - 
un dito intima di tornare. 

E' la più bella questa mattina 
ha il pelo color crema. 

Vorrebbe tornare in mare. 
- Cerca un sasso 
l' hanno tirato quattro ore fa. -

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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14 Luglio 2014

14/7/2014

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IV.
Fotografia 


Mare calmo 
due barche a vela scivolano
svaniscono piano 
dietro una roccia. 

Tre pescatori a riva 
issano una barca e le reti 
immagino cariche di pesci. 
Uno lancia un sasso 
il cane scodinzola
è bianco e nero. 

Due turisti guardano il mare 
hanno sandali e magliette colorate. 
Uno scatta una fotografia. 

Il cielo è fermo
lo vedo dalle nuvole. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"L' Argentiera"
Sebastiano Benegiamo
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13 Luglio 2014

13/7/2014

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III.
Lago delle Vergini 


Cerco nei sassi un' immagine della natura. 

- Il primo bagno è come un battesimo. -

Questi massi sono qui da sempre
forse. 

Un desiderio ancestrale ci porta verso il mare
oggi è più calmo. 

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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12 Luglio 2014

12/7/2014

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II.
Sulla cima 


Vedo un uomo sulla montagna 
saluta da questa parte 
forse me 
o il mare dietro di me. 

Sicuramente sente il suono del vento 
il verso delle cornacchie 
il mare di quaggiù. 

- Sono salito per vedere l'orizzonte
è una nube. -

(dal Diario di un marinaio sospeso)
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"Il mare dell' Argentiera"
Sebastiano Benegiamo
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11 Luglio 2014

11/7/2014

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Diario di un marinaio sospeso
di  Sebastiano Benegiamo


I.
Nel mare 


Nel mare
galleggio tra rivoli di schiuma
mi riposo un poco. 

Ho il sospetto di essere già stato qua 
- si cammina senza sapere a volte - 
parlando solo. 

Il cielo rosa fa sera 
respiro per non dimenticare.
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"Pascal scrive"
Sebastiano Benegiamo
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